Meda: le origini del design in un libro

IN FOTO: Made in Meda © courtesy BertO

Made in Meda. Il futuro del design ha già mille anni. Inizia così la storia di Filippo Berto, ceo dell’omonima azienda di arredo BertO, che per spiegare cos’è il design italiano ha deciso di raccontare in un libro la storia di Meda.

Meda, una città a pochi chilometri da Milano – la capitale del design, è da sempre racchiusa nel silenzio operoso della Brianza. Eppure è una città che già nel Medioevo faceva parlare di sé per la sua grande capacità manifatturiera. Meda, infatti, è da sempre il fulcro del lavoro manifatturiero: una città che ha dato i natali a tanti protagonisti del design (come Cesare Cassina, Antonio Citterio, Luigi Giorgetti), ha accolto nei suoi laboratori maestri del calibro di Vico Magistretti, Carlo Scarpa, Gio Ponti e Charlotte Perriand e ha fatto conquistare ben nove Compassi d’Oro alle sue aziende e progettisti.

Eppure pochi lo sanno. Ed è proprio da qui che è nata la spinta per Filippo Berto a farne un libro. “Dall’incazzatura” (come scrive lui stesso nelle prime pagine di Made in Meda) di non vedere riconosciuto il valore inestimabile della sua città, dove tantissimo talento viene buttato via, perché pochi o nessuno lo valorizzano.

Un “libro potente”, l’ha definito Laura Traldi, giornalista, docente di design e membro del Comitato Scientifico del Compasso d’Oro. Perché basta aprirlo per restarne irrimediabilmente catturati, travolti dall’energia vulcanica di Filippo, giovane imprenditore che guida l’azienda di famiglia con entusiasmo e che tra le righe sprigiona tutta la sua empatia, la sua spontaneità. E ci racconta di un’italianità epica, ma non tracotante, radicata, ma anche giovane e vibrante.

Made in Meda non ha niente a che vedere con i soliti libri accademici e noiosi sul design, perché è immediato, a tratti punk, pieno di aneddoti, ma anche di esclamazioni, hashtag e rivendicazioni. Un libro che parla di valori e dell’importanza di condividerli, che raccoglie un anno di ricerche sul territorio e ne fa un atto di amore per il design, per l’artigianalità, per il savoir faire tutto italiano e per quella cultura millenaria del lavoro di cui Meda può andare tanto orgogliosa.

Da lì alla nascita di quello che tutti conosciamo come il “design italiano” il passo è breve, eppure pochi colgono davvero il collegamento. Tra gli aneddoti raccolti si narra che proprio a Meda, negli uffici Cassina di via Busnelli, Giò Ponti lanciò dal secondo piano la Superleggera per mostrare agli studenti stupefatti del Politecnico di Milano quanto fosse resistente.

Perché i maestri del “vero” design, come ha spiegato Giovanna Castiglioni, figlia di Achille Castiglioni e vice presidente dell’omonima Fondazione “presentavano i loro progetti direttamente ai clienti, andando dai rivenditori e mantenendo un dialogo diretto con gli operai”.

Cosa che a Meda si è sempre fatta. Perché gli oggetti sono connettori di una cultura del design e d’impresa che è fatta anche e soprattutto di relazioni. “Quello che a Meda chiamano lavoro, il mondo lo chiama design” si legge sul retro della copertina di Filippo Berto.

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